Mi è stato detto spesso che ho la
antipatica abitudine di elencare solo le malefatte del mondo che ci circonda.
Riducendo tutto quello che dico e che scrivo in un’unica parola io risulto:
pessimista.
Può essere. Chi sono io per dire che non
è così a chi ne è convinto? Del resto, nessuno di noi ha la verità in tasca ed
io faccio parte del “noi”.
Un’altra cosa che mi è stata spesso
rimproverata è la mancanza di soluzioni proposte a fronte di tante critiche
snocciolate.
Anche qui, devo ammettere di non poter
dare torto a chi mi ha indicato come non propositivo, posso solo dire che non
l’ho voluto fare. E per una ragione assai semplice: le mie soluzioni sono in
aperto contrasto con il mondo in cui vivo, con la gente che ci vive e con il
sistema che ci governa.
La vera domanda che mi pongo, e lo
faccio spesso, è questa: ho veramente torto?
Francamente?
No.
Il mondo in cui siamo immersi è
governato essenzialmente da una parola. Da questa si dipanano tanti filamenti
che costituiscono la rete che ci attanaglia senza pietà. E quella parola è
stata manipolata in modo tale che tutto ciò che viviamo, in ogni momento, possa
portare a lei.
La paura.
Possiamo dire che non è così? Che non
siamo dominati dalla paura?
Anche chi è incline a dire che non ha
paura di niente è in realtà vessato passivamente da questa parola. Questo
perché non esiste nessuno di noi in grado di asserire in tutta onestà di non
averla mai provata o di non poterla provare almeno una volta nella vita.
La paura non è qualcosa di fisico, non è
qualcosa che puoi misurare, ma è qualcosa che puoi (potresti) controllare. Lo
puoi fare tu, lo possiamo fare tutti. Purtroppo, lo sanno fare molto bene
quelli che giocano con le nostre vite (ai quali abbiamo permesso di farlo, non
va dimenticato).
Se possiamo controllarla e contrastarla
e sappiamo attraverso tante prove che ne siamo in grado, perché rimaniamo
passivi di fronte al disastro che ci avvolge?
Per la paura stessa, anche se sembra un
paradosso. La paura di non riuscire e la paura di peggiorare le cose.
Ahimè, questa reazione non è tutta
“farina del nostro sacco”, ma ci viene inculcata in modo subdolo ogni giorno.
Cerco di fare chiarezza: non siamo un
ammasso di codardi che si nascondono, anzi, presi singolarmente sappiamo
essere, in molti casi della nostra vita, dei veri leoni e dei genuini
combattenti, ma ciò che ci rende vulnerabili è la mancanza di coesione. Soprattutto,
il fallace convincimento di non poter cambiare lo stato delle cose (nel suo
insieme).
Quella cortina di fumo che chiamiamo
Sistema è retto e governato da menti brillanti che sanno esattamente tutto
questo e che muovono le pedine sulla scacchiera del mondo in modo tale da
rendere la vita di noi tutti un continuo inseguire il nulla.
Tempo fa scrissi un articolo chiamato “Le
marionette” (http://lavocenellombra.blogspot.de/2015/01/le-marionette.html
) in cui spiegavo qual’era il mio punto di vista al riguardo della
manipolazione delle menti. Rileggendolo, credo di essere andato vicino al
nocciolo della questione, ma trascurando proprio il particolare di cui sto
parlando ora.
Generare paura nelle persone non significa
metterle di fronte a condizioni catastrofiche da un momento all’altro, ma
minare lentamente la loro convinzione di essere in grado di fronteggiare
qualsiasi cosa con la sola volontà. Togliendogli la possibilità di credere di
poter uscire da qualsiasi situazione senza aiuto alcuno, il Sistema genera una
rete implacabile di sfiducia che porta (e questo sì che è paradossale) le
persone a credere che si possa cambiare strada e migliorare proprio attraverso
il Sistema stesso.
L’esempio della politica è emblematico. L’Italia
ristagna da decenni alla mercé di una classe politica inconcludente e ridicola,
ma invece di insorgere e cercare di abbatterla per aprire a nuovi orizzonti, la
gente si fossilizza sugli stessi stereotipi che l’hanno resa schiava (non credo
sia un’esagerazione usare questo termine).
Si cerca la strada del “nuovo partito”,
della “nuova coalizione”, quando invece è tutto un rimescolamento di vecchi e
triti sistemi di potere. Tutto rimane così com’è e così com’era.
La cosa veramente assurda è che ci
sarebbero tutte le cose al loro posto affinché il quadro tornasse ad essere un’opera
d’arte, invece dell’obbrobrio che abbiamo di fronte.
L’Italia ha una Costituzione
straordinaria e basterebbe attenersi ad essa per iniziare ad avere un briciolo
di miglioramento. Abbiamo un sistema di leggi che, se fossero applicate
equamente, basterebbe per rendere il paese migliore.
Invece, no.
Il cittadino ristagna nel dubbio, nella
lamentela continua, nell’amaro (ed errato) convincimento di non poter far nulla
di propria mano per ristabilire un minimo di ordine nel mondo in cui vive.
Perché lo fa?
Perché almeno noi occidentali, non
ostaggi di tiranni sanguinari o di forcaiole regole religiose, non esigiamo un
cambiamento radicale a qualsiasi costo per noi e per il nostro futuro?
Per la paura che ci spinge a pensare che
le cose potrebbero peggiorare.
Per la paura di perdere quel poco o
tanto che abbiamo faticosamente conquistato.
Per la paura di ritrovarci senza quelle
cose che il Sistema ha reso indispensabili. Quelle cose inutili a cui diamo
tanto valore.
Quelle cose, e quei concetti, che ci
rendono schiavi. Codardi.
Tra le cause che ci spingono al non
intervento c’è anche la dimenticanza di ciò che la Storia ci ha insegnato.
Sono stati abbattuti regimi totalitari,
regnanti e governi crudeli e sempre, sempre, c’è stato un prezzo da pagare. Però,
si è passati oltre e dopo una o due generazioni si è visto il netto
miglioramento rispetto al passato.
Oggi, almeno nel nostro Occidente
ridente e patinato, abbiamo perso la volontà di combattere davvero.
Combattere per i nostri diritti. Quelli di
tutti.
In qualche modo ci hanno convinti che,
dal momento che nel resto del mondo c’è gente che sta esageratamente peggio di
noi, allora quel che abbiamo va bene così. Non importa se ci vessano con super tasse,
se ci sottopagano il lavoro, se ci spacciano per sano cibo spazzatura, se
condizionano anche la nostra salute. Importa che altrove stanno peggio.
Importa che noi non vogliamo diventare
come loro.
Paura.
Insicurezza.
Prima avevamo Mamma America che ci
faceva dormire sonni tranquilli. Anche la Mamma adesso ha scoperto le carte e
non solo non da più sicurezza, ma non è più credibile.
Allora ci rivolgiamo a Mamma Russia, che
grazie ad un leader di ferro ci fa credere di poterci salvare.
Non c’è salvezza, ahimè.
Non c’è perché, anche se non vi piace,
fa tutto parte di un gioco enorme al cui tavolo non ci siamo mai seduti. Noi,
noi popolo, noi gente, abbiamo deciso di essere solo spettatori (paganti) della
grande partita.
La cosa che non ci siamo messi in testa
e che rifiutiamo di capire è che dieci o venti persone nel mondo reggono il
destino delle nostre vite perché noi permettiamo che sia così.
Permettiamo loro di manipolarci con
tutto e il contrario di tutto spingendoci a credere di non-potere-fare-nulla.
Ad essere onesti, guardando lo scenario
nella sua interezza, sembra assurdo.
Con la paura e con lo zuccherino della
presunta libertà di espressione (questo articolo, ad esempio), rimaniamo
inattivi e continuiamo a mangiare dalla ciotola che ci pongono.
Ora, possiamo cambiare?
Ad onor del vero, no. Riformulando la
domanda:
potremmo cambiare?
Sì.
Sapete su cosa si regge il potere del
Sistema? Sul silenzio assenso della gente e sulla produttività.
Se interrompi questi fattori, il Sistema
va in stallo.
Quindi, a quelli che di tanto in tanto
mi dicono che non propongo soluzioni, dico: vogliamo iniziare a cambiare e
farlo in modo potente?
Bene, smettiamo di assentire attraverso
il blocco della produttività.
Sì, lo so, vi state sbellicando dalle
risate…
Care compagne pecore (questo siamo,
poche storie), delle tante e cervellotiche idee su come ribaltare la situazione
attuale, quella che ha più senso è togliere al Sistema quello su cui si regge.
Certo, potremmo aspettare le prossime
elezioni politiche. E poi? Otterremmo quel che vogliamo? Un mondo migliore?
Non esiste futuro finché il Sistema avrà
i piedi ben piantati sulla nostra testa.
La nostra paura di perdere piccoli e
insignificanti privilegi annienta la visione di quel che siamo: né liberi, né
autonomi.
Pensate a questo scenario: fabbriche
ferme, scuole chiuse, negozi con le serrande abbassate. I gestori di
supermercati che distribuiscono gratis generi di sussistenza per la Resistenza.
La Resistenza…che parola dal sapore antico…
Immaginate uno Stato bloccato da milioni
di cittadini che hanno deciso di dire Basta. Uno Stato solo.
Milioni di cittadini senza bandiere,
senza distinzione di ceto, di religione, di niente. Gente, come voi, come me.
Militari che si rifiutano di
intervenire, Polizia che fa altrettanto e che pattuglia solo per impedire che
gli sciacalli (ci sono sempre) se ne approfittino.
Pensate all’Italia, messa in ginocchio
dopo una settimana di blocco.
Le conseguenze? Immani, ovviamente. E qualora
l’esercito non rifiutasse di intervenire potrebbe essere guerra civile.
E ora chiediamoci: ne varrebbe la pena?
Varrebbe la pena vincere le nostre paure
a fronte di poter dire di aver tolto la faccia dal fango per una volta e averci
provato?
Varrebbe la pena convincersi che tutta
quella paura non ha senso di esistere e che possiamo e dobbiamo credere che si
può cambiare strada, a qualsiasi costo?
Ecco, io credo di sì.
Con tutti i rischi del caso, sì.
Anche voi, che avete figli (io non ne
ho), a quale futuro li state esponendo?
Chiudo.
Purtroppo, anche se girassi di casa in
casa per tutta l’Italia (parlo del mio paese, ma potete sostituirlo, nel
contesto, con qualsiasi altro) per fare proseliti sono sicuro che tanti mi
prenderebbero per pazzo.
Sui giornali si leggerebbero articoli su
un mentecatto che cerca di aizzare il popolo alla rivolta.
Non sarebbe del tutto sbagliato, ma
sarebbe una delle solite esagerazioni dei media.
Io continuerò a dire la mia e a proporre
questa mia visione, ma sono anche convinto che la paura che è stata instillata
in tutti noi è così profonda da far desistere la maggior parte di voi.
Solo quando le persone comprenderanno appieno
che chi ha generato questo Sistema coercitivo sono persone come noi, forse,
solo allora, potrà avvenire qualcosa di nuovo.
Forse si alzerà un coro che dirà: NO.
Fino ad allora, rimarremo passivi,
vivendo nella paura di perdere quello che abbiamo.
Cioè: niente.
Alla prossima.
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